Quaranta operai occupati nello stabilimento tessile Marlane di Praia a Mare, in provincia di Cosenza, sono morti di cancro. Altre stime investigative li fanno salire addirittura a un centinaio. Da dieci anni la procura di Paola ha avviato accertamenti per l'ipotesi di omicidio colposo in relazione alle violazioni delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sostenendo che i tumori sarebbero stati contratti in fabbrica.
Dopo la riunificazione di tre distinte inchieste, di recente ha inviato gli avvisi di conclusione delle indagini ai manager dello stabilimento quando era di proprietà della Lanerossi - cioè fino al 1987 - e ai vertici della Marzotto che lo rilevarono dall'Eni.
La vicenda è complessa perché la procura è partita dal presupposto che nel corso degli anni i responsabili aziendali avrebbero «omesso di adottare gli accorgimenti organizzativi, strutturali, igienici e sanitari necessari per contenere l'esposizione ad ammine aromatiche e metalli pesanti».Il caso è complicato e non a caso i magistrati hanno impiegato dieci anni per delineare un quadro investigativo, essendoci stati tre passaggi di proprietà.
Bisogna individuare le presunte colpe con precisione per evitare di sparare nel mucchio e al processo magari vedere l'impianto accusatorio sfaldarsi di fronte alla differente periodizzazione dei fatti.L'azienda fu fondata negli anni '50 dal conte Rivetti e produceva perlopiù tessuti per divise militari. Nel '69 il Lanificio Maratea vendette filatura e tintoria all'Eni-Lanerossi, che 18anni dopo la cedette a Marzotto.
Nel '96 la tintoria fu di fatto chiusa. All'inizio degli anni Novanta furono installate dalla nuova proprietà le vasche a chiusura ermetica per i coloranti che prima ribollendo potevano espandersi negli ambienti di lavoro.
La tesi di Marzotto è che da quando prese in mano lo stabilimento apportò quei miglioramenti adottati nel resto delle tintorie del gruppo dove non ci sono stati problemi. A partire dal '91 nello stabilimento Marlane furono investiti capitali per migliorare sicurezza e salubrità degli ambienti. Se gli operai si sono ammalati, come sostiene la procura in base alle consulenze medico-legali, la difesa oppone che è avvenuto prima che il gruppo di Valdagno acquistasse l'impianto. Insomma, il processo sarà una battaglia di perizie e consulenze mediche. Tra l'altro, una delle questioni con le quali si è confrontata la procura è che parte delle morti sospette sono cadute in prescrizione. Altra questione sono gli eventuali risarcimenti, pertanto l'individuazione dei responsabili civili non è cosa di poco conto.Sotto inchiesta ci sono i manager Carlo Lomonaco, responsabile tintoria '73-'88 e sindaco di Praia a Mare; Bruno Taricco, responsabile stabilimento 1980-'87; Vicenzo Benincasa, direttore di produzione 1987-'88; Salvatore Cristallino, responsabile tintoria 1989-'03; Ivo Comegna, responsabile 1981-'86 e il recoarese Attilio Rausse, capo stabilimento 2003-'04. Quanto ai vertici di Marzotto, sono indagati Lorenzo Bosetti, consigliere delegato Marzotto e vice presidente Lanerossi dall'88 al'93; Antonio Favrin, ad Marzotto 2001-2004; Jean De Jeagher, ad Marzotto 1996-1997; Silvano Storer, consiglere delegato Marzotto '97-'01 e Pietro Marzotto. Gli avvocati stanno depositando le memorie per contrastare la tesi della procura. Marzotto sostiene di avere osservato la legge nella sua tradizione secolare e non ci sta a rimanere col fiammifero acceso da altri.I.T.
Fonte: Il giornale di vicenza
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