REGGIO CALABRIA - Una macchina sospetta e un "brandello" di targa. E soprattutto un cittadino zelante che ha rivelato questi dettagli, all'apparenza inutili, ai Carabinieri che erano intervenuti sul luogo del delitto di una delle tante rapine in appartamenti di anziani che hanno destato grande preoccupazione in città. Da quella preziosa informazione (i numeri centrali di una targa) i carabinieri del comando provinciale diretto dal colonello Pasquale Angelosanto hanno tessuto i fili di una paziente e meticolosa indagine facendo finire nella rete tesa dagli uomini del capitano Nicola De Tullio tre sospetti che sono stati fermati. Si tratta di due uomini e una donna: Domenico Palmisano, 38 anni; la sua convivente Carmela Lauro, 45 anni; e Vincenzo Sorace, 25 anni, originario di Cinquefrondi. Tutti e tre residenti in città nello stesso appartamento. «Una volta risaliti al proprietario dell'autovettura ed esaminato il suo circuito relazionale – ha spiegato il cap. De Tullio – abbiamo ristretto il campo dei possibili indiziati, alcuni dei quali erano già stati denunciati per precedenti rapine». Sicuri di avere intrapreso la strada giusta, i carabinieri hanno effettuato una serie di perquisizioni nella notte tra lunedì e martedì. Il posto decisivo per dare una svolta alle indagini è stato trovato ad Archi in uno scantinato chiuso a chiave e di cui aveva la disponibilità il Palmisano: lì dentro i militari della Benemerita hanno ritrovato numerosi monili in oro e argento, bigiotteria, decine di orologi, tre pistole a salve, passamontagna e vari arnesi da scasso. Nelle pieghe di questo "tesoro" c'erano anche alcuni oggetti della refurtiva proveniente dalla rapina su cui i carabinieri stavano indagando, che è stata riconosciuta, al di là di ogni ragionevole dubbio, dalle due vittime. Il riconoscimento delle vittime, tuttavia, non si è limitato agli oggetti: anche i tre indiziati sono stati riconosciuti come gli autori della rapina. «Rapine spesso brutali – ha confermato il tenente colonnello Pieroni – con le vittime picchiate selvaggiamente per renderle inoffensive. E in un caso particolare, un anziano ultraottantenne porta ancora i segni vistosi e le ferite del pestaggio alla testa e a un tendine della mano». Sono almeno otto le rapine consumate in città che gli investigatori ritengono essere state compiute dalla stessa banda. Troppi indizi e coincidenze portano a pensare che la mano sia stata la stessa: innanzitutto tutte le vittime indicano in tre (due uomini e una donna) i loro aggressori; il modus operandi era il medesimo con le vittime che venivano scelte tra gli anziani che vivevano da soli; e anche la scusa usata per farsi aprire il portone delle case era semplice ed efficace con la banda che fingeva di dovere effettuare una consegna postale e, infine, dopo avere compiuto la razzia lasciavano le vittime imbavagliate e immobilizzate. Insomma il quadro indiziario si complica per i tre fermati. Oltre alla prima rapina, i carabinieri sembrano sicuri di potere dimostrare che la banda potrebbe essere responsabile di almeno altre due rapine (una è quello dello scorso mese di maggio commessa in pieno centro in una traversa tra il Corso e la via Marina). Palmisano e Sorace sono stati ristretti nella casa circondariale di via San Pietro, la Lauro, invece, è stata sottoposta agli arresti domiciliari. Le indagini non sono ancora chiuse ma proseguono sotto la direzione del procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza e dal sostituto procuratore Riccioni. E proprio il dott. Sferlazza era presente, ieri pomeriggio, alla conferenza stampa per dire «bravi ai Carabinieri che hanno svolto una brillante indagine con acume e tenacia, confortati anche dalla lucidità e dal coraggio dimostrati dalle vittime delle rapine. Fa piacere constatare che la società civile comincia a collaborare con le forze dell'ordine. E, forse, anche i recenti risultati ottenuti hanno dato una accelerazione in questa direzione. Una cosa, dunque, ha alimentato l'altra».
Fonte: Gazzetta del sud
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